A cura di Claudia Benazzi – Psicologa
Viviamo oggi in una società altamente tecnologica, all’interno della quale è impensabile concepire l’insegnamento come qualcosa di scollegato rispetto alle scienze informatiche ed alle competenze digitali, e la programmazione scolastica non può prescindere dall’inclusione dell’insegnamento della programmazione informatica, a partire dalla scuola primaria, come parte integrante del curriculum scolastico, essendo considerata ormai come un formidabile mezzo di crescita personale e apprendimento.
Il pensiero computazionale e il costruzionismo di Papert
Lo studio del pensiero computazionale e dei principi dell’informatica non obbliga a diventare informatici e non rappresenta una materia destinata solamente ad informatici e programmatori di mestiere, esattamente come l’imparare a scrivere non obbliga a diventare scrittori e poeti o l’apprendere le regole del calcolo non implica il diventare dei matematici, bensì, rappresenta un prezioso mezzo per gli studenti, da poter applicare a tutte le discipline.
In quasi tutte le scuole si stanno pian piano facendo largo gli insegnamenti delle competenze digitali, il coding ed il pensiero computazionale, anche grazie alla creazione e diffusione, da parte del gruppo di ricerca Lifelong Kindergarten presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) del linguaggio di programmazione Scratch, ed il computer viene visto come mezzo di costruzione della propria conoscenza e dell’apprendimento.
Il primo a parlare di pensiero computazionale fu Seymour Papert nel 1980 nel suo libro Mindstorms e, successivamente, nel 1996, quando sviluppo il linguaggio di programmazione LOGO, con lo scopo di insegnare la programmazione ai bambini. La definizione oggi maggiormente utilizzata di Computational Thinking è quella di Jeannette Wing, secondo la quale il pensiero computazionale è quel “processo mentale che sta alla base della formulazione dei problemi e delle loro soluzioni così che le soluzioni siano rappresentate in una forma che può essere implementata in maniera efficace da un elaboratore di informazioni sia esso umano o artificiale”.
Seymour Papert, nato a Pretoria, in Sudafrica nel 1928, filosofo, matematico, informatico e pedagogista, è conosciuto soprattutto per aver introdotto il concetto di costruzionismo, teoria dell’apprendimento basata su un approccio multidisciplinare, e per aver sviluppato il linguaggio di programmazione chiamato LOGO, scopo didattico come supporto all’apprendimento. Nel 1954 si trasferisce a Cambridge, dove svolse l’attività di ricercatore in ambito matematico, per poi trasferirsi negli USA nel 1967 per fermarsi al MIT e fondare un laboratorio di intelligenza Artificiale con Marvin Minky.
Alla base del costruzionismo di Papert vi è l’idea secondo la quale per avere un miglior apprendimento occorre la produzione, da parte di chi apprende, di oggetti reali e concreti, i cosiddetti artefatti cognitivi, partendo dal presupposto secondo il quale la mente, per poter apprendere delle idee, abbia bisogno di maneggiare e costruire oggetti reali.
Secondo il “PRINCIPIO DI PAPERT” :
“Alcuni fra gli stadi più cruciali dello sviluppo mentale sono basati non sulla semplice acquisizione di nuove abilità, bensì sull’acquisizione di nuovi metodi amministrativi per usare ciò che già si conosce … poiché una mente non può crescere molto se si limita soltanto ad accumulare conoscenze, ma deve inventarsi anche i modi per poter sfruttare al meglio le conoscenze già possedute.”
La scuola come luogo di costruzione della conoscenza
Il computer diventa quindi un mezzo di apprendimento attivo e la scuola viene considerata come luogo di costruzione della conoscenza, e non di mera trasmissione delle informazioni. Lo scopo ultimo è utilizzare il computer e la programmazione per imparare ad imparare, anche e soprattutto attraverso gli errori, poiché sbagliare consente la possibilità di ingegnarsi per trovare soluzioni alternative, mettendo in gioco la propria creatività e la propria attitudine al problem solving, procedendo per tentativi ed errori. L’errore è visto in chiave positiva perché permette di comprendere meglio determinati passaggi per poi superarli ed acquisirli definitivamente. Ed è proprio questa nuova rappresentazione dell’errore che permette al bambino di non rimuoverlo dalla propria mente, ma di ragionarci sopra in quanto parte fondamentale del processo di comprensione ed apprendimento, un ‘opportunità di crescita.
L’errore non è quindi più considerato in un’ottica negativa, ma viene visto come un aspetto costruttivo facente parte del processo di apprendimento e gli studenti, attraverso l’utilizzo del computer, costruiscono le proprie conoscenze attivamente, come sempre sostenuto dallo stesso Papert: “dovrebbe essere il bambino a programmare il computer e non il computer a programmare il bambino.”[..] “I bambini devono cambiare il loro status di ‘consumatori’ di informazioni in quello di ‘produttori’ di conoscenza.” Il computer diventa quindi la liaison fra cultura umanistica e cultura scientifica, rendendo possibili delle attività didattiche non realizzabili con gli strumenti didattici tradizionali, permettendo il passaggio dall’astratto al concreto.
Scratch, insegnamento e coding
Come già anticipato, Scratch é un progetto del Lifelong Kindergarten group guidato dal prof. Mitch Resnick, e rappresenta un linguaggio di programmazione visuale completo, object-oriented, facilissimo da utilizzare, ed è costituito da blocchi che possono essere connessi tra di loro in modo da definire il comportamento del programma. Lanciato nell’anno 2007, è cresciuto esponenzialmente nel numero di utenti e rappresenta un fondamentale sostegno all’interno delle aule scolastiche, ed oggi è lo strumento più utilizzato all’interno delle scuole primarie e secondarie per le attività di coding e pensiero computazionale. Esso si ispirò ai lavori creati nel dopo scuola nelle “Computer Clubhouse” da bambini che volevano creare delle storie interattive senza tuttavia avere a disposizione gli strumenti utili per farlo e, allo stesso tempo, anche ai lavori ed alle idee di Papert.
Si è ormai diffusa, fra le nuove generazioni, la consapevolezza circa l’importanza dell’insegnamento ai giovani allievi delle materie informatiche e dei linguaggi di programmazione, riadattati e semplificati a misura dei più piccoli, allo scopo di diventare dei creatori attivi della propria formazione e del proprio apprendimento, e non più semplici consumatori di un’economia digitale. E’ proprio grazie alla programmazione che il pensiero computazionale diventa uno strumento di apprendimento e nella scuola tradizionale si fa largo un’idea di insegnamento più moderna, che mette al centro l’alunno e lo sviluppo delle sue capacità critiche. Viene ormai riconosciuto il ruolo didattico del coding e la sua importanza nel contribuire all’insegnamento del problem solving, della creatività digitale e del lavoro di gruppo, permettendo di sviluppare abilità personali, fantasia e ragionamento, attraverso l’esperienza.
Bibliografia
- Capone, R., Del Sorbo, M., Musmarra, P., Esposito, A., & Veronesi, I. Coding e Pensiero Computazionale per il potenziamento delle competenze logiche e matematiche.
- Chioccariello, A., Lodi, M., & Vianello, L. Pensiero Computazionale e Programmazione nella scuola primaria.
- Ferranti, C., & Agosto, V. Tecnologie e pensiero computazionale: proposte per il curricolo di tecnologia nella scuola primaria.
- Gabbari, M., Gagliardi, R., Gaetano, A., Sacchi, D., Integrare Coding e Pensiero Computazionale nella didattica
- Micciulli, S. Coding e Pensiero Computazionale. Lulu.com
Articolo originale pubblicato il 4 Febbraio 2023 - https://www.centropsicologia.it/scratch_pensierocomputazionale/